Mostra di María Sánchez Puyade
Sonntag 21.07.2019
– Sonntag 04.08.2019
Sala Umberto Veruda
– Sonntag 04.08.2019
Sala Umberto Veruda
Sabato 20 luglio alle 19 a Trieste, nella Sala U. Veruda di piazza Piccola 2, si inaugura la mostra personale di María Sánchez Puyade "L’ombra chiara del TEMPO”, organizzata dall’Associazione Culturale LiberArti con il contributo del Comune di Trieste.
Nel 2013 Adele Colbacchini, la nonna del marito di María Sánchez Puyade, si preparava a congedarsi dalla vita regalando ai parenti le sue cose più preziose. Ogni volta che le veniva fatta visita a Thiene essi tornavano con qualcosa: un quadro di San Girolamo, delle tazzine di porcellana di Nove, un ombrellino del Settecento, una vecchia bicicletta Graziella.
Un giorno Nonna Cocchi disse all-artista di andare ancora una volta in cantina, a guardare se ci fosse qualcosa di suo interesse.
Scese con suo suocero, Giovanni Laverda, e iniziò a curiosare.
Vide una scatola di legno scuro con due musicisti intarsiati sul coperchio. Attratta dal mistero, la aprì. Dentro, innumerevoli scatole di cartone rosse e nere. Ne aprì una. Conteneva lastre di vetro. Nel buio della cantina guardò controluce e capì che erano dei negativi.
Una ricerca di due anni le consentì di capire cosa ci fosse veramente dentro quel cofanetto. All’inizio pensava fossero fotografie di famiglia scattate da diverse persone. Un giorno arrivò alla lastra che diceva “Colón, Viale di Eucaliptos”. Fu una rivelazione. Alcune erano state scattate nei suoi luoghi d’origine.
Il marito le aveva parlato di un prete in famiglia, missionario tra gli indios in America e autore del primo vocabolario dei Bororos. La sua curiosità era stata sempre inferiore al suo rifiuto: era sudamericana, educata in una scuola di suore (dalla quale era scappata) e riteneva di sapere bene cosa avessero significato le Missioni dalle sue parti.
Nel 2018, María Sánchez Puyade inaugurò il suo studio d’arte con una piccola mostra ispirata da quelle fotografie. Iniziò il lavoro da capo. Pulì le lastre una a una, le mise in busta e le archiviò. Aveva 460 lastre circa, quasi tutte dei negativi.
v Iniziò cosi lo “studium" sul Tempo. La prima mostra consisteva in una selezione di 9 fotografie, segnate da cesure bianche, tagli e modificate nella tonalità. Questo primo studio le fece comprendere che il cofanetto era in realtà uno scrigno e il suo contenuto, il più grande dono che le si potesse fare: non un oggetto in sé ma la ricerca di un tesoro e del suo senso, il suo svelamento. Arrivò alla conclusione che l’autore di tutte le lastre 5x4” era sempre la stessa persona che a volte compariva come un’ombra nei negativi, riconoscibile dal suo cappello da prete. Aveva fra le mani l’archivio fotografico del Padre Salesiano Antonio Colbacchini. Seppe allora che questo prete le sarebbe stato sempre familiare e che la loro Terra era la stessa. Comprò tutti il libri di Colbacchini che riuscì a trovare, cercò il materiale che ancora rimaneva in famiglia e iniziò a studiare le antiche tecniche fotografiche di stampa.
Contemporaneamente, l’antropologa Sabine Kienzl le fornì un nuovo tassello: Claude Lévi-Strauss. Scoprì così che Antonio Colbacchini era la fonte principale a cui Lévi-Strauss aveva attinto per i suoi studi sui Bororos.
In una libreria dell’usato di Buenos Aires, che a lei ricordò uno dei tanti Aleph raccontati da Borges, trovò uno dei quattro esemplari del racconto Uke Waguu di Padre Colbacchini, la storia del cacicco che ebbe la visione della Madonna prima di entrare in contatto con i missionari. Gli altri esemplari si trovavano a Sao Paolo, in una biblioteca di Firenze e in California, da un cugino di suo marito la cui famiglia è migrata in Nord America a metà del secolo scorso.
Questa mostra vuole essere un piccolo Aleph fatto di tempo, il tempo passato a stampare a contatto, con la tecnica della cianotipia, una a una, le 460 fotografie dell’archivio fotografico di Padre Antonio Colbacchini. Starà ai passanti sapersi fermare a scoprirlo. (María Sánchez Puyade)
La mostra rimarrà aperta sino al 4 agosto con orario feriale e festivo 10-13/17-20.
Nel 2013 Adele Colbacchini, la nonna del marito di María Sánchez Puyade, si preparava a congedarsi dalla vita regalando ai parenti le sue cose più preziose. Ogni volta che le veniva fatta visita a Thiene essi tornavano con qualcosa: un quadro di San Girolamo, delle tazzine di porcellana di Nove, un ombrellino del Settecento, una vecchia bicicletta Graziella.
Un giorno Nonna Cocchi disse all-artista di andare ancora una volta in cantina, a guardare se ci fosse qualcosa di suo interesse.
Scese con suo suocero, Giovanni Laverda, e iniziò a curiosare.
Vide una scatola di legno scuro con due musicisti intarsiati sul coperchio. Attratta dal mistero, la aprì. Dentro, innumerevoli scatole di cartone rosse e nere. Ne aprì una. Conteneva lastre di vetro. Nel buio della cantina guardò controluce e capì che erano dei negativi.
Una ricerca di due anni le consentì di capire cosa ci fosse veramente dentro quel cofanetto. All’inizio pensava fossero fotografie di famiglia scattate da diverse persone. Un giorno arrivò alla lastra che diceva “Colón, Viale di Eucaliptos”. Fu una rivelazione. Alcune erano state scattate nei suoi luoghi d’origine.
Il marito le aveva parlato di un prete in famiglia, missionario tra gli indios in America e autore del primo vocabolario dei Bororos. La sua curiosità era stata sempre inferiore al suo rifiuto: era sudamericana, educata in una scuola di suore (dalla quale era scappata) e riteneva di sapere bene cosa avessero significato le Missioni dalle sue parti.
Nel 2018, María Sánchez Puyade inaugurò il suo studio d’arte con una piccola mostra ispirata da quelle fotografie. Iniziò il lavoro da capo. Pulì le lastre una a una, le mise in busta e le archiviò. Aveva 460 lastre circa, quasi tutte dei negativi.
v Iniziò cosi lo “studium" sul Tempo. La prima mostra consisteva in una selezione di 9 fotografie, segnate da cesure bianche, tagli e modificate nella tonalità. Questo primo studio le fece comprendere che il cofanetto era in realtà uno scrigno e il suo contenuto, il più grande dono che le si potesse fare: non un oggetto in sé ma la ricerca di un tesoro e del suo senso, il suo svelamento. Arrivò alla conclusione che l’autore di tutte le lastre 5x4” era sempre la stessa persona che a volte compariva come un’ombra nei negativi, riconoscibile dal suo cappello da prete. Aveva fra le mani l’archivio fotografico del Padre Salesiano Antonio Colbacchini. Seppe allora che questo prete le sarebbe stato sempre familiare e che la loro Terra era la stessa. Comprò tutti il libri di Colbacchini che riuscì a trovare, cercò il materiale che ancora rimaneva in famiglia e iniziò a studiare le antiche tecniche fotografiche di stampa.
Contemporaneamente, l’antropologa Sabine Kienzl le fornì un nuovo tassello: Claude Lévi-Strauss. Scoprì così che Antonio Colbacchini era la fonte principale a cui Lévi-Strauss aveva attinto per i suoi studi sui Bororos.
In una libreria dell’usato di Buenos Aires, che a lei ricordò uno dei tanti Aleph raccontati da Borges, trovò uno dei quattro esemplari del racconto Uke Waguu di Padre Colbacchini, la storia del cacicco che ebbe la visione della Madonna prima di entrare in contatto con i missionari. Gli altri esemplari si trovavano a Sao Paolo, in una biblioteca di Firenze e in California, da un cugino di suo marito la cui famiglia è migrata in Nord America a metà del secolo scorso.
Questa mostra vuole essere un piccolo Aleph fatto di tempo, il tempo passato a stampare a contatto, con la tecnica della cianotipia, una a una, le 460 fotografie dell’archivio fotografico di Padre Antonio Colbacchini. Starà ai passanti sapersi fermare a scoprirlo. (María Sánchez Puyade)
La mostra rimarrà aperta sino al 4 agosto con orario feriale e festivo 10-13/17-20.
Sala Umberto Veruda
passo costanzi
34100 Trieste
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34100 Trieste