Fotomorfosi
Mittwoch 01.05.2019
– Sonntag 26.05.2019
Sala “Attilio Selva” di Palazzo Gopcevic
– Sonntag 26.05.2019
Sala “Attilio Selva” di Palazzo Gopcevic
Si inaugurerà martedì 30 aprile, alle ore 18, alla Sala “Attilio Selva” di Palazzo Gopcevic (in via Rossini 4, sul Canal Grande di Trieste, dove sarà aperta al pubblico dal 1 al 26 maggio, da martedì a domenica, con orario 10 – 17 e ingresso libero), la mostra “Fotomorfosi” del fotografo fiumano Rino Gropuzzo, realizzata dal Comune di Trieste-Assessorato alla Cultura–Servizio Musei e Biblioteche grazie alla collaborazione e al contributo della Comunità Croata di Trieste-Hrvatska Zajednica u Trstu.
“L'amore è il generatore della vita. Nella quotidianità qualche volta c'è. Il più delle volte non c'è. Di solito accade quando meno te lo aspetti. Nei segni di tenerezza tra madre e figlio, nelle gesta inebriate di due innamorati. Tutti pensano all'amore (se pensano), parlano (se parlano), sentono (se sentono) o dimostrano (se dimostrano). Io invece vedo l'amore attraverso l’obiettivo della macchina fotografica…”. Il messaggio di Gropuzzo arriva forte e chiaro, basta sfogliare il suo più recente catalogo che accompagna la mostra.
Perché Gropuzzo' “Rino Gropuzzo – risponde Gian Carlo Damir Murkovic, Presidente della Comunità Croata di Trieste - è un artista poliedrico, senza barriere mentali e geografiche, pronto a gustare con i suoi scatti il mondo circostante in tutte le sue forme. E lo fa da fotografo affermato al quale nulla sfugge, ma mantenendo sempre quel tratto umano e generoso, senza precluderci nulla. La mostra che la Comunità Croata propone al pubblico di Trieste e ai suoi ospiti, ha proprio questo intento: presentare un artista affermato attraverso un percorso pensato ed elaborato che vuole spingere il visitatore a lasciarsi coinvolgere e a non rimanere indifferente. Il titolo stesso ‘Fotomorfosi’ rappresenta uno sprone a cambiare, a plasmare il nostro approccio, per guardare l’opera con occhi diversi”.
Ma non soltanto. Gropuzzo fa parte di quella generazione di artisti che sono riusciti a “rimanere con i piedi ben piantati nella realtà locale ma con gli occhi rivolti al mondo”, per citare il critico d’arte Sergio Molesi. Da Fiume è partito per Parigi e per Milano, entrando in contatto con ambienti artistici che hanno dato vigore alla sua aspirazione, al suo naturale talento, fino a portarlo sulle copertine delle riviste di moda, nelle sale d’esposizione, nel novero dei grandi autori. Nel suo intento il ritorno a Fiume, dove vive e dove nasce anche la serie di immagini che compongono la mostra triestina.
L’Autore, “classe” 1955 e parte del gruppo nazionale italiano di Fiume, è l’emblema della multiculturalità della città quarnerina, ma non soltanto. Fiume è anche un luogo d’arte in cui la fotografia ha un ruolo importante e forse unico per i suoi esordi. Ricordiamo che qui vennero realizzati da Salcher nel 1886, per la prima volta nella storia, gli scatti di un proiettile in movimento: arte e tecnologia, la bellezza e l’ingegno che ritroviamo anche nelle ispirazioni di Gropuzzo, che sceglie ambientazioni particolari in cui esprimersi col suo obiettivo.
Dopo i suoi tanti anni di lavoro assiduo e proficuo, di intensa attività espositiva di grande rinomanza, il progetto che ora vede la luce a Trieste è una retrospettiva dell’opera di Rino Gropuzzo. Ciò che s’intende esaltare è l’approccio “multistrutturale dell’Autore e il suo talento fotografico” avvertono gli organizzatori, per cui “si è deciso di suddividere questa mostra retrospettiva in capitoli tematici e cicli che fanno parte della sua opera”. I più significativi sono: la bellezza canonizzata nel motivo del nudo femminile, il ritratto e la rappresentazione articolata in figure fotografate in studio, nell’ambiente architettonico (archeologia industriale) e nella natura; cicli narrativi; la figurazione geometrizzante; paesaggi e figurazione organica dei dettagli; la fotografia di moda.
Le opere esposte alla mostra (nate negli ultimi quattro decenni della sua carriera artistica) sono dei testimoni sia dei cambiamenti tettonici avvenuti in quest’arco di tempo nel mondo della fotografia di moda o pubblicitaria, sia dello sviluppo tecnologico dello stesso mezzo artistico.
Dal catalogo “Fotomorfosi”:
“…È molto importante sottolineare che l’espressività delle sue opere è stata determinata dai principi specifici utilizzati proprio nell’ambito della moda e della pubblicità, di cui si occupa sin dagli inizi della sua carriera di fotografo professionista. Ciò ha inevitabilmente contribuito, naturalmente, alla sua padronanza delle tecnologie, alla precisione e accuratezza che dimostra nel suo lavoro e all’applicazione dell’imperativo estetico; tutte quante caratteristiche fondamentali nei menzionati campi della fotografia applicata. Bisogna anche mettere in rilievo un fatto teorico molto interessante che si riscontra nel processo della sua attività artistico-espositiva: una buona parte delle opere di Gropuzzo sono delle immagini decontestualizzate (rispetto alla loro funzione originale) che attraverso il processo di ri(nominazione) ottengono nuovi significati della prassi artistica istituzionalizzata. Così le opere nate nell’ambito della fotografia applicata, oppure sperimentazioni e annotazioni fotografiche private dell’autore, diventano oggetti (più) nuovi, apprezzabili e valutabili a livello estetico-artistico”.