Mostra personale di Isabel Carafì SENSUAL METROPOLITAN STRUCTURES
Freitag 15.03.2019
– Sonntag 07.04.2019
Sala Umberto Veruda
– Sonntag 07.04.2019
Sala Umberto Veruda
Venerdì 15 marzo alle ore 18 nella sala U. Veruda di Palazzo Costanzi si inaugura la mostra personale di Isabel Carafi SENSUAL METROPOLITAN STRUCTURES. Scrive di lei Maria Campitelli - Da qualche anno l’architettura è il tema dominante nell’immaginario artistico di Isabel Carafi. Nello sviluppo di questo discorso si inseriscono di volta in volta tematiche più ampie che riguardano l’umanità, l’evoluzione socio-politica della società, le migrazioni, l’ambiente, l’ecosistema. Cioè l’architettura diviene uno sfondo, un simbolo, un contenitore di altre situazioni su cui l’artista riflette configurandole secondo uno schema che pur nelle continue variazioni propone delle costanti. La costante principale è la presenza delle sue inconfondibili figure umane. Per lo più contratte in piccole dimensioni, contorte, deformate, che s’abbarbicano dovunque, mobile contrappunto organico all’algida geometria dei profili iperbolici dei grattacieli. Perché certo dell’architettura Isabel Carafi coglie soprattutto la vertigine disumana dei colossi verticali accumulati negli skyline delle metropoli, da New York a Shiangai.
Simboli del potere, anch’essi si deformano, nella prospettiva dell’artista, si piegano a diverse coniugazioni a fantasiose colorazioni, ad accelerate linee di fuga, irrompendo in una dimensione surreale. Alcuni spunti particolari, come scorci di scale mobili, si ripetono, illustrando una frenesia esistenziale che s’innesta nelle cose, nelle strutture. E l’umanità distorta, svolazzante attorno e dentro i colossi accresce questo senso di vita turbinante. La surrealtà si identifica in ulteriori passaggi e contaminazioni, ad esempio nei fondi bianchi animati da costipate figurine disegnate contrapposte alle colorate architetture fotografate, sia pure a loro volta alterate. C’è poi l’introduzione dell’elemento “Natura” tra il cemento armato e i tralicci metallici dei grattacieli americani. Curiosamente configurata in tronchi d’albero potenti e aggrovigliati che fanno da sfondo a scheletri architettonici. Perché altrettanto curiosamente i grattacieli si svuotano, perdono corpo e sostanza, diventano involucri schiacciati dalla potenza della natura. Un’inversione di ruoli. La natura che s’impone alla capacità umana. E non solo i tronchi, compaiono anche tracce sfumate di paesaggio, di deserto, insomma il pensiero dell’artista si complica e si modifica. Non più solo lo stupore per la capacità progettuale e costruttiva umana, che sembrava animare prevalentemente i precedenti lavori dell’artista. Un pensiero più complesso s’affaccia, dando luogo a contaminazioni più sofisticate, ad allusioni concettuli più approfondite.
E a proposito di “contaminazioni” l’architettura romana, ben diversa dalle skyline metropolitane, suggerisce all’artista soluzioni anche più ardite. Castel Sant’Angelo è preceduto lungo il ponte da inquietanti personaggi - sempre figure contratte e stralunate, in questo caso striate di sangue - che procedono carponi, mentre dietro compare un impossibile mare agitato con spruzzi che salgono fino al cielo. E pure il Pantheon è abitato dagli strani personaggi a striscie rosse e la Fontana dei Fiumi di Piazza Navona spegne il suo berniniano calore barocco in attualissime rigide strutture architettoniche. L’eco del grattacielo che sussiste nel rigoglio seicentesco. Il pensiero vaga da una realtà all’altra accostando situazioni opposte e la traduzione visiva le accorpa fisicamente. Una nuova riflessione porta l’artista a comparare il passato con il presente producendo ulteriori “contaminazioni”, che sono un po’ il segnale del nostro tempo, modificando di conseguenza gli esiti linguistici finora perseguiti.
Queste immagini sono tutte fotografie digitali. La mostra si arricchisce anche di un’installazione composta a sua volta da piccole fotografie di città accostate, un montaggio che attesta la volontà di superare la semplice bidimensionalità fotografica per articolarsi diversamente nello spazio, e infine un completamento con piccole sculture di ceramica e resina. Sono le figure stravaganti disegnate nelle architetture che si fanno corpo e abitano lo spazio. Con le loro riduzioni, contrazioni, testimoniano un’umanità sbigottita, e al tempo stesso divertita.
E’ un viaggio nel mondo questo di Isabel Carafi, nelle grandi città, con lo sguardo attento a cogliere ciò che cambia e si trasforma.-
La mostra rimarrà aperta al pubblico con orario feriale e festivo: 10_13 / 17_20 sino a tutto il 7 aprile 2019.
Simboli del potere, anch’essi si deformano, nella prospettiva dell’artista, si piegano a diverse coniugazioni a fantasiose colorazioni, ad accelerate linee di fuga, irrompendo in una dimensione surreale. Alcuni spunti particolari, come scorci di scale mobili, si ripetono, illustrando una frenesia esistenziale che s’innesta nelle cose, nelle strutture. E l’umanità distorta, svolazzante attorno e dentro i colossi accresce questo senso di vita turbinante. La surrealtà si identifica in ulteriori passaggi e contaminazioni, ad esempio nei fondi bianchi animati da costipate figurine disegnate contrapposte alle colorate architetture fotografate, sia pure a loro volta alterate. C’è poi l’introduzione dell’elemento “Natura” tra il cemento armato e i tralicci metallici dei grattacieli americani. Curiosamente configurata in tronchi d’albero potenti e aggrovigliati che fanno da sfondo a scheletri architettonici. Perché altrettanto curiosamente i grattacieli si svuotano, perdono corpo e sostanza, diventano involucri schiacciati dalla potenza della natura. Un’inversione di ruoli. La natura che s’impone alla capacità umana. E non solo i tronchi, compaiono anche tracce sfumate di paesaggio, di deserto, insomma il pensiero dell’artista si complica e si modifica. Non più solo lo stupore per la capacità progettuale e costruttiva umana, che sembrava animare prevalentemente i precedenti lavori dell’artista. Un pensiero più complesso s’affaccia, dando luogo a contaminazioni più sofisticate, ad allusioni concettuli più approfondite.
E a proposito di “contaminazioni” l’architettura romana, ben diversa dalle skyline metropolitane, suggerisce all’artista soluzioni anche più ardite. Castel Sant’Angelo è preceduto lungo il ponte da inquietanti personaggi - sempre figure contratte e stralunate, in questo caso striate di sangue - che procedono carponi, mentre dietro compare un impossibile mare agitato con spruzzi che salgono fino al cielo. E pure il Pantheon è abitato dagli strani personaggi a striscie rosse e la Fontana dei Fiumi di Piazza Navona spegne il suo berniniano calore barocco in attualissime rigide strutture architettoniche. L’eco del grattacielo che sussiste nel rigoglio seicentesco. Il pensiero vaga da una realtà all’altra accostando situazioni opposte e la traduzione visiva le accorpa fisicamente. Una nuova riflessione porta l’artista a comparare il passato con il presente producendo ulteriori “contaminazioni”, che sono un po’ il segnale del nostro tempo, modificando di conseguenza gli esiti linguistici finora perseguiti.
Queste immagini sono tutte fotografie digitali. La mostra si arricchisce anche di un’installazione composta a sua volta da piccole fotografie di città accostate, un montaggio che attesta la volontà di superare la semplice bidimensionalità fotografica per articolarsi diversamente nello spazio, e infine un completamento con piccole sculture di ceramica e resina. Sono le figure stravaganti disegnate nelle architetture che si fanno corpo e abitano lo spazio. Con le loro riduzioni, contrazioni, testimoniano un’umanità sbigottita, e al tempo stesso divertita.
E’ un viaggio nel mondo questo di Isabel Carafi, nelle grandi città, con lo sguardo attento a cogliere ciò che cambia e si trasforma.-
La mostra rimarrà aperta al pubblico con orario feriale e festivo: 10_13 / 17_20 sino a tutto il 7 aprile 2019.
Sala Umberto Veruda
passo costanzi
34100 Trieste
passo costanzi
34100 Trieste