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Il Misantropo

Dienstag 03.04.2018
– Sonntag 08.04.2018
Politeama Rossetti
“Un capolavoro molieriano come “Il Misantropo” rivela nella lettura della regista Monica Conti, risvolti ancor più potenti e universali: si sorride e si riflette sulle relazioni umane, non sempre facili, e si gode dell’interpretazione accurata di un ottimo cast capeggiato da Roberto Trifirò nel ruolo del titolo. Lo spettacolo debutta alla Sala Bartoli, nuovo appuntamento della stagione altripercorsi del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, martedì 3 aprile e replica fino a domenica 8 aprile”.
Con “Il Misantropo” di Molière si riflette sulle relazioni umane, in particolare nella nuova lettura registica che Monica Conti propone alla Sala Bartoli dal 3 all’8 aprile, ospite del cartellone “altripercorsi” del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.
Messo in scena per la prima volta a Parigi nel 1666, “Il Misantropo” è uno dei grandi capolavori di Molière e Monica Conti – regista di spicco nel panorama italiano – lo affronta a conclusione di un ciclo di spettacoli che ha costruito basandosi sulla necessità di ripresentare testi classici passando attraverso il corpo dell’attore. Non si tratta dunque di una messinscena classica, con grandi impianti scenografici, bensì di un lavoro che si concentra molto sull’interpretazione attoriale, puntando con decisione sull’esplorazione dell’energia e della dinamicità delle relazioni in scena.
L’indagine delle relazioni umane disvelerà i nodi più universali e senza tempo di questo testo, trasmettendole con forza. Assi portanti della ricerca registica e del lavoro attoriale sono perciò l’indagine sugli stati d’animo, in cui non si ricerca in chiave psicologica ma tipologica. Hanno inoltre fondamentale importanza i rapporti, le situazioni, i sottotesti e la musica. Già ne “Le Intellettuali” (precedente lavoro molieriano di Monica Conti) musicalità e ritmo nei dialoghi avevano costituito per la regista materia d’indagine. Ne “Il Misantropo” prosegue questo lavoro, teso a dare rilievo al ritmo e al suono non come forme estetiche, ma come forme di espressione dell’inconscio. Anche lo spettatore, dunque, aiutato dallo spazio raccolto della Sala Bartoli, che permette di rapportarsi con gli attori quasi in un continuo “primo piano”, è chiamato a considerare soprattutto il lavoro degli interpreti in relazione ai temi del testo, godendosi l’apporto davvero notevole di una preparata compagnia, con Roberto Trifirò impegnato nel ruolo del protagonista Alcesti.
Questi è l’emblema di un ambire disperato e costantemente deluso all’armonia: Alcesti è intransigente, ma anche il mondo in cui vive è duro, e in questa sua lotta egli viene talmente frustrato da risultare infine molto comico. Molière lo sapeva bene e lo pone davanti a un “Teatrino del Mondo” di cui egli – puro, sincero e rigoroso fino al parossismo – non riesce ad accogliere o a perdonare ipocrisie e stupidità.
Il pubblico lo comprende fin dal primo atto: mentre aspetta l’amata Celimène (per un gioco del destino si è innamorato proprio di una donna vanesia e superficiale) uscita a far compere, Alceste appare subito impegnato a dichiarare a Filinte la propria incapacità di accettare corruzione e ipocrisia. E a nulla valgono i miti consigli dell’amico: non passa un attimo che Alceste sbatte in faccia al potente Oronte di aver detestato un suo sonetto… Naturale che Oronte non la prenda affatto bene. E con la medesima tragicomica caparbietà si pone in modo “stonato” in ognuno dei suoi rapporti sociali, traendone insoddisfazione, rabbia, infelicità, fino ad autoemarginarsi dal mondo. «È uno spettatore passivo della vita, talmente scontento da rimanere immobilizzato a causa del suo avvilimento» dice la regista di questo disperato e disarmonico eroe, emblema di come l’uomo sia sempre in difficoltà nella percezione di una realtà sfuggente.
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